«A Modena allora non c’era nessun altro: Enzo Ferrari era ancora a Torino e Adolfo Orsi era ben di là dall’immaginare che avrebbe comprato la Maserati. E anche Stanguellini, a quell’epoca, non era che un rielaboratore — per quanto straordinario — di motori Fiat, e quindi costruiti da altri. Mentre il “nostro” Guerzoni era un costruttore. Lui sì. Il primo costruttore modenese. (…) Enzo Ferrari non credette in lui, benché lo ammirasse e l’avesse tra i suoi collaboratori. O, meglio: non credette nelle possibilità di una moto tutta italiana, quella moto per la quale Guerzoni gli aveva preparato il formidabile motore 500 che si sarebbe dovuto montare sulla motocicletta forse da chiamare “Dux” (allora Ferrari aveva nella sua Scuderia anche un reparto motociclistico che faceva gareggiare con ottimi risultati, Ndr). Il “no” di Ferrari a un motociclismo sportivo modenese, che ebbe come contropartita il “sì” definitivo e totale all’automobilismo (e la definitiva affermazione del motociclismo bolognese), sancì la fine di ogni sogno di Guerzoni — se mai l’aveva avuto — di raggiungere l’olimpo degli dei. Probabilmente a lui sarebbe comunque bastato rimanere l’artigiano geniale che era sempre stato e che incarnava ai massimi livelli lo spirito della modenesità. Così non fu: la guerra — la Seconda, dopo che la Prima già aveva interrotto la sua ascesa — spazzò via tutto. Prima dovette piegarsi alle esigenze della produzione bellica, poi il governo e la Fiat gli portarono via lo stabilimento dove costruiva le interessantissime macchine utensili su cui, in mancanza delle moto, aveva riversato il suo inesauribile amore per la meccanica. Ed era, anche in questo caso, uno degli stabilimenti più all’avanguardia d’Italia… Guerzoni si allontanò da Modena. Scelse come nuova patria Firenze che, a differenza della sua sbadata città, gli dedicò importanti riconoscimenti. Perfino una medaglia d’oro. Sino agli ultimi giorni di vita continuò a progettare, a dar corpo alla sua passione per la meccanica motoristica apportando e brevettando alcune migliorie perfino ai trattori della tenuta agricola in cui, come un moderno Cincinnato, si era ritirato, tornando alla terra agricola che l’aveva visto nascere e che lui aveva coltivato a suo modo, piantando barre di torsione e motori monocilindrici al posto dei peri e delle viti della nativa Solara bagnata dal Panaro…».
Con queste parole si apre l'introduzione al libro "Vittorio Guerzoni. L'uomo che inventò la città dei motori" di Nunzia Manicardi (Ed. Il Fiorino).